venerdì 27 dicembre 2013

08/12/13 - 15/12/13 - Ritorno a Chiang Mai e motorbike trip

Parto la mattina presto in direzione Bangkok (once again!), sono di nuovo abbastanza malandato...tanto che quando arrivo alla frontiera ho quasi il timore che mi facciano dei test antimalaria ancora. Va tutto liscio, passo la giornata sul minivan fino a sera, quado finalmente arrivo a Khao San. Ancora una volta resto colpito dalla città anche se in maniera totalmente opposta dalla mia prima visita. Allora rimasi colpito dal suo essere orientale, ora rimango colpito dalle sue autostrade, grattacieli e dal suo essere occidentale rispetto i paesi visitati nell'ultimo mese.
Siccome mi sento superdebole decido di ritentare con un dottore. Finisce che non parla inglese ed è la segretaria a tradurre. Mi vuole fare un'iniezione di zuccheri e vitamine ma rifiuto e opto per semplici pastiglie vitaminiche e tachipirina a cui nei giorni successivi aggiungo un antibiotico anti-sinusite. In Italia non prendo mai niente in genere ma qua devo dire che il fisico è sottoposto a stress abbastanza intensi. La sera passeggio in giro, c'è un sacco di vita, molto più che a ottobre; il grosso dei turisti arriva infatti in questa stagione.
Dopo una notte di meritato riposo passo la giornata a passeggio (in cui noto i casini politici che colpiscono la città in questi giorni) e parto la sera successiva per Chiang Mai, nel nord, again, dove ho appuntamento con qualche amico per sviluppare alcuni piani. Dormo malissimo sul bus che spara aria condizionata a palla..e arrivo la mattina dopo le solite 11 ore a casa di Jesse ed Elana (incontrati precedentemente a Pai e Vientiane), che mi ospitano nel loro appartamento (thank you so much guys :D). Crollo e dormo altre 4 ore.. dopodichè andiamo a fare colazione-pranzo al "Blue Diamond", uno dei migliori posti in città. Mangio di tutto: caffè, cornetto marmellata, omelette con verdure e pancake banana e cioccolata. Spendo un totale ma ne vale la pena.. Per puro caso incontro nel locale anche Charles, uno dei ragazzi di Pai, con cui avevo appuntamento in giornata per discutere il da farsi. Scartiamo l'idea del trekking fai da te nella giungla e decidiamo invece di lanciarci, tempo qualche giorno, in un tour motorizzato di tutto il nord (il loop del cosidetto "golden triangle", chiamato così per l'estesa produzione di oppio presente nella zona).
Passo due giorni in città a rifocillarmi a dovere e riposarmi in casa. Mi sembra di rinascere, un lettone comodo tutto per me e acqua calda nella doccia..una casa vera! Grazie a Jesse ed Elana mi godo tantissimo il posto, mi fanno conoscere il quartiere universitario, davvero una figata e senza i soliti backpackers.. mi introducono inoltre a tanti ragazzi occidentali che come loro vivono qui lavorando un pò da remoto e un pò arrangiandosi. Mi prendo coraggio e decido addirittura di farmi tagliare i capelli da una loro amica finlandese. Sento tanti racconti di chi abita qui, mi incuriosisco parecchio su come sia la vita da espatriato. In definitiva posso dire che si può vivere con 120 euro di affitto (monolocale senza cucina) più i soldi per il cibo, che è di circa 5 euro al giorno se si mangia thai. Fate voi i conti... Inoltre la città è veramente vivibile, non caotica, e grazie all'università c'è anche un clima studentesco interessante. Aggiungete la cultura, la cucina, lo stile di vita rilassato thai, ed il fatto che i dintorni sono fantastici da visitare e potete forse capire il perchè molti giovani si stabiliscono qui. Essere in contatto con chi ha fatto questa scelta mi fa capire che non è poi così complesso se lo si vuole davvero (insomma non è poi il classico sogno-incubo "mollo tutto e scappo"). Da segnalare è il mercatino di cose handmade sempre nel quartiere univ; i prezzi sono molto alti ma il tutto, compresa l'atmosfera chic hipster, mi ricorda molto Bologna..mi sento quasi a casa :D Passo i pomeriggi in giro a cercare vestiti pesanti in vista del prossimo viaggio..il clima qui è differente rispetto al sud; diciamo che è come da noi a fine settembre - inizio ottobre con l'aggiunta del cielo grigio perenne. Compro guanti, berretto, sciarpa e camicia. 

Atmosfera bolognese...
Una serata, per cena, la passo in una pizzeria viste le ottime reviews. Il locale è gestito da un giovane ragazzo thai che quando scopre che sono italiano mi chiede di tutto sulla pizza che ho mangiato...se il pomodoro è troppo dolce, se è sottile al punto giusto, pareri sul formaggio ecc.. La pizza non è male anche se non posso dire che sia la tipica pizza che si trova da noi. Finisce che gli do qualche dritta su un pò di prodotti italici e mi fa assaggiare il tiramisu (ottimo) per capire se è vendibile o se è una ciofeca. E' bello vedere tanto entusiasmo e una costante volontà di migliorarsi nel proprio lavoro...rimaniamo in contatto, chissà che non abbia bisogno di una mano in futuro lol.
Arriva la fatidica giornata della partenza.. Charles è già partito e ci siam dati la punta a Payaho, a circa 3 ore di guida da Chiang Mai. Affitto a tempo indeterminato sto benedetto motorello, un 100cc manuale che mi ricorda un Garelli potenziato con tanto di cestino per la spesa (!). Pensare che devo farci l'intero tour del nord del paese mi fa quasi ridere :P Il primo giorno scorre liscio, freschino ma solo qualche goccia di pioggia. Mi becco a Payaho con Charles come previsto. Il posto mi ricorda un qualche paese sul lago Trasimeno; molto simpatico ma tutto sommato con poca vita. Giorno due partiamo verso nord, sui monti che dividono Laos da Thailandia senza bene in mente di dove andare a finire. 

Aglieah!

Impressioni di settembre
Passiamo qualche ora infelice dentro un supermercato dove imparo come stanno le cose qui: mai andare in un supermercato in Thailandia. I prezzi sono esorbitanti e il cibo è di qualità inferiore (quantomeno a gusto) rispetto quello che si trova in strada. Nei paesi occidentali il supermercato è come un livello intermedio tra consumatore e produttori mentre qui è un canale parallelo; il grosso della gente è collegata direttamente ai prodotti della terra senza passare per intermediari. Superata la disavventura si riparte... non si smette mai di salire; il panorama sui monti è spettacolare. Guidiamo per parecchio, riusciamo a raggiungere prima di sera un paesino abbastanza atrezzato chiamato Phu Chi Fa, quasi 1700m di quota. Il clima è quasi pienamente invernale, di notte fa parecchio freddo mentre di giorno è freschello e umidissimo a causa delle nuvole a bassa quota. Scopriamo che il posto è famoso per i panorami che offre sulle colline circostanti; la sua alta quota permette infatti di osservare un effetto detto "sea of mist", in cui le colline fanno capolino tra il mare di nuvole sottostanti. Scaliamo quindi la vetta, tutto mi ricorda l'Eremo di Carpegna in inverno..lontanissimo da casa eppure così vicino. L'atmosfera è mozzafiato ma ci sono sin troppe nuvole per godersi il panorama.

Eremo di Carpegna o Phu Chi Fa?
No, decisamente non può essere la Carpegna..
E da qui inizio il freddo power
Ripartiamo verso nord; da questo momento in poi il viaggio comincia a essere davvero tosto e freddo a causa delle continue piogge. Arriviamo la sera successiva a Chiang Khong, paese di frontiera in cui ero già passato per andare in Laos. Gli ultimi 20km li facciamo sotto l'acqua battente; una volta arrivati mi rendo conto che l'equipaggiamento è un disastro..ma in un modo o nell'altro riusciamo a rimediare vestiti relativamente asciutti per il giorno successivo. La sera andiamo in un bar con un sacco di Thai su di giri, si unisce a noi un ragazzo che ci offre birre a nastro, tnx mate :)

La follia!
Finalmente pronti verso l'ultima tappa nordica ma manco il tempo di partire che Charles buca la ruota. Rimedio un tuk tuk e carichiamo il motorello su di esso fino al meccanico più vicino. Ci rimediamo di nuovo; partiamo verso il punto più a nord del viaggio: il golden triangle. La strada è una merda, piena di buche e sterrati ma quantomeno costeggia il Mekong. All'arrivo non è che ci sia chissà cosa da vedere: un mini museo dell'oppio e quantomeno una vista sui tre stati, ossia Laos, Myanmar e Thailandia. 

3 nazioni in una foto. We did it!!!
Ci dirigiamo al volo verso Chiang Rai, finalmente a sud. Il tempo tiene botta per un pò anche se mi rendo conto che in questa regione è molto più freddo che a Chiang Mai; il clima sembra quasi come quello illustrato nelle carte da parati dei ristoranti cinesi: cielo plumbeo e nuvole basse. Sulla mappa, a 30 km da Chiang Rai, notiamo una sorgente termale; presi dall'entusiasmo prendiamo la deviazione e ci fermiamo. Effettivamente è una figata, tutto free e acqua strabollente..più che benvenuta dopo giorni e giorni di freddo. Il problema è che, una volta ripartiti, al buio, ci riprendiamo un altro di quegli acquazzoni da far paura..50 km di acqua :( Il fisico ricomincia ad accusare, mi riprendo solo con la zuppa serale. 

White Temple di Chiang Rai. Da rimanerci.
Ultimo giorno di viaggio si ritorna a Chiang Mai; i primi 150 km fatti a manetta visto che il tempo e la strada sono buoni. Ma ecco che quando sei pronto a cantare vittoria, a soli 70 km dall'obiettivo, ti si buca la ruota. Ok... con qualche bestemmia e l'aiuto di un meccanico locale si riparte ma ormai la frittata è fatta. Il tempo si è rifatto nero e, infatti, in cima al valico prendiamo uno sbarello d'acqua. Ci ripariamo nel bosco 15 min, Charles è pessimista e decide di continuare sotto l'acqua battente..io resto sotto l'albero sperando che passi. Insomma ci salutiamo così: con un in bocca al lupo e una pacca sulla spalla! Dopo altri 15 minuti non migliora e decido di partire.. fortunatamente dopo 20 km, a quote più basse il tempo cambia e, grazie al clima mite di Chiang Mai, passo da mollo mollo passo a umido andante. Spingo a manetta il motorello fino a Chiang Mai, non ne posso più, sono allo stremo delle forze :V Chiamo Jesse che fortunatamente è in casa, mi presento da lui completamente mollo per una doccia calda e risistemare lo zaino. Finisco per rimanere con loro un'altra nottata, stare in questa casa è una cura incredibile :) Metto ad asciugare tutti i panni e la sera ne approffittiamo tra l'altro per andare a vedere un incontro di Muay Thai in cui partecipa tra l'altro un tedesco espatriato qui, na macchina da guerra.

Muay
E concludo qui, quasi 1000km sul mitico Garelli...probabilmente risulta un pò noioso da leggere il riassunto di un viaggio del genere. Inoltre si può avere l'impressione che sia stata un'esperienza negativa vista l'acqua presa. In realtà un viaggio del genere ti regala un sacco di libertà, di momenti in cui stare con te stesso, di panorami e di musica polleggiata in cuffia. Il cambio climatico rispetto al sud, per quanto traumatico, non è negativo. Con la testa e con il corpo mi sento più in sintonia con questa sorta di inverno low-power rispetto ai 30-40 gradi del sud.

mercoledì 18 dicembre 2013

03/12/13 - 07/12/13 - Angkor Wat

Oplà! Cerchiamo di farla breve in quanto ho passato 3 giornate su 5 a razzolare tra i monumenti e siccome sono indietrissimo e non mi ricordo i nomi dei templi la taglio corta. 
Partiamo: prima di arrivare a Seam Reap mi fermo una mattinata a Battambang. Non ho il tempo di esplorarla ma fortunatamente trovo un mago in grado di ripararmi gi occhiali. In pratica mi sostituisce alla meno peggio una stanghetta con un'altra tarocca. Prezzo 50 cent good. Riprendo in direzione Seam Reap dove all'arrivo mi ritrovo con Reyhan ed altri ragazzi con cui facciamo presto gruppo: Thi e Jochen. Primo giorno un pò al cazzeggio tra guesthouse, very cheap, e centro. La città devo dire che non mi è piaciuta, il centro è la cosa più turistica mai vai vista, un sacco ristranti overpriced e tanti turisti che si comportanto da tipici farangs..inoltre è pieno di scams: ad esempio il primo giorno un bambino mi implora di comprargli del latte, acconsento ed entriamo insieme in un negozio ma una volta li vuole prendere due barattoloni di latte in polvere nestlè per il costo di 50 euro.. ma siam pazzi? Finisce che mi tira un pugno nello stomaco.. La sera si fa gruppone in ostello e andiamo a mangiare in un ristorante italico non-italico super costoso.. Pizza 4 formaggi e birra 11 dollari, ma siamo strapazzi??? Ho chiuso con il centro ma tuttavia passiamo una bella serata anche se sono cottissimo dal viaggio e dalla malattia. Finiamo la serata nel pub "Angkor What?" in allegria.

Viaggiare in solitaria? Ecco cosa significa :)
Dal giorno successivo iniziamo in 4 l'esplorazione delle rovine. Decidiamo per il biglietto di tre giorni a 40 dollari; costoso ma tutto sommato ne vale la pena anche se 3 giorni si rivelano un pò troppi e 1 giorno (20 euro) sarebbe troppo poco. Il complesso principale di Angkor è a circa 10-15 km dalla città mentre altri complessi sono più distanti e necessitano quindi di mezzo motorizzato per essere raggiunti. I primi due giorni quindi ce li facciamo in tuk tuk a prezzo prefissato; l'autista sembra simpatico anche se è un cazzone..tanto che infatti alla fine mi fa anche incazzare in quanto, il secondo giorno, vuole tornare a casa prima e farci saltare il tramonto dal tempio.
Passiamo al pezzo importante: i monumenti. Innanzitutto la storia: l'impero Khmer, semisconosciuto da noi forse perchè non è durato poi tanti secoli, ha dominato, circa un migliaio di anni fa, per intero l'indocina sottomettendo tutti i popoli vicini (il nome del paese Siem Reap significa infatti "Thai sconfitti" o qualcosa del genere). Angkor era quindi la capitale immensa di questo impero, crollato circa 700 anni fa. Dopo l'abbandono della città tutta l'area è stata fagocitata dalla giungla fino alla sua riscoprta avvenuta un secolo fa. Quello che resta oggi della città sono solo i templi in quanto erano gli unici edifici costruiti in pietra. 
L'impatto che si ha alla vista dei templi "minori" è gia devastante..dire che si rimane a bocca aperta è dire poco. L'immensità dei complessi rende persino il foro romano un'opera quasi modesta (!!), mi rendo infine bene conto del perchè dicono che l'Angkor sia in assoluto uno dei più importanti monumenti al mondo. Ma iniziamo con una prima carrellata di foto.



How big a tree can grow?

Love this feeling
Come si può immaginare camminare tra queste rovine regala una sensazione di alienazione molto particolare. Più vado avanti e più mi rendo conto che l'Angkor non è solo pietra, buona parte della sua bellezza proviene dalla natura. Inizio quindi ad immaginarmi come deve essere stato un paio di secoli fa, immerso completamente nella giungla, e mi chiedo se sia giusto eseguire un restauro che tenta di ricostruire si le pietre nella forma originale eliminando però la componente naturale della giungla se non per i pochi alberi monumentali rimasti. Ovvimanente se ci fosse la giungla non ci sarebbe il turismo di massa ed il complesso sarebbe quindi raggiungibile solo da pochi avventurieri armati di machete e amaca. Sarà una cazzata ma questa opzione la preferirei di gran lunga. Back to the roots.
Dopo questo primo excursus monumentale ritorniamo al discorso cittadino. Quando sono da solo vado spesso a mangiare alla "Vitking House", una sorta di ristorante nella zona universitaria in cui servono parecchia roba vegetariana in stile cinese. I prezzi sono estremamente bassi (meno di 2 dollari per una portata principale), no farangs here, mi fa ridere pensare che sono solo a 500m dal centro. 



Il quarto giorno mi sveglio in coma, sto malissimo, ho la febbricciola da ormai una settimana e una debolezza sfiancante. Decido di saltare la visita ai templi e prendermi giornata libera. Inizio ad andare in paranoia per la questione malaria e decido quindi di andarmi a farmi vedere da un dottore. Mi affido ai tuk tuk ma è una causa persa, il primo mi porta in un centro dove mi voglion fare costosissime analisi.. gli altri mi danno continuamente indicazioni alla cazzo di cane quando gli chiedo dove posso trovare una clinica. Finisco per girarmi il centro da febbricitante per i fatti miei. Alla fine rimedio non una clinica ma un laboratorio analisi, mi convinco a fare Malaria e Dengue a 17 dollari..fortunatamente entrambe negative. Alla fine si rivelerà solo una banale ma pesante influenza che non se ne vuole andare a causa dei continui spostamenti che spesso mi impongo!!! Ah dimenticavo, finalmente ho fotografato una particolarità tutta cambogiana..cioè quella di tappezzare le strade dell'intero stato con cartelli politici del partito socialista. Come dire se non hai la tv un modo per entrarti in testa lo troviam lo stesso!!!

Engels, Marx e Lenin in versione cambogiana. When Pol Pot is not enough.
Saluto i ragazzi che se ne vanno tutti in Vietnam mentre io resto un giorno in più per finire la visita ai templi. Sto giro mi sento meglio e vado deciso affittando una bici, una merda di bici. Finisco praticamente le energie pedalando e mi ritrovo il pomeriggio a dormire sopra le pietre dei monumenti..non che questi si lamentino particolarmente. Dedico questa giornata ai due monumeti principali: Angkor Wat e Bayon. Anghkor Wat è MASSIVO da far paura. Grande quanto uno stadio e completamente in pietra, diviso su più livelli, è impressionante.. tuttavia non è il mio tempio preferito, troppa componente umana e troppo poca nature. Discorso diverso per Bayon..il tempio è molto più piccolo ma è al centro di tutto il complesso, probabilmente il più significativo tra quelli visitati. Ci sono decine e decine di facce giganti che guardano in ogni direzione.. la sensazione di imperscrutabilità e mistero che questa roccia trasmette è notevole.


Angkor What?
Massivo..
Faccione

Chiudo qui il discorso! Questo è l'ultimo aggiornamento dalla Cambogia, dopodichè si torna in Thailand. Dopo due mesi di hardcore traveling sono abbastanza sfinito.. e sinceramente dopo un pò di tempo tutto questo perde un pò il senso. Ho veramente bisogno di trovare una nuova dimensione del viaggio. Decido di dedicare quindi il prossimo mese a qualcosa di diverso..ancora da inquadrare anche se ho in mente diverse cose che vorrei sperimentare. A presto.

giovedì 12 dicembre 2013

27/11/13 - 02/12/13 - Sihanoukville e Koh Rong

Merda se sono rimasto indietro... 10 giorni di malattia mi hanno stroncato dalla voglia di scrivere :S Di conseguenza i prossimi due interventi sul blog saranno abbastanza brevi hehe. Ma cominciamo da dov'ero rimasto!
Il 27 novembre saluto Rey e lascio Kampot con direzione Sihanoukville, la capitale dei divertimenti della Cambogia. Il nome della città deriva dal nome del penultimo re, Sihanouk appunto, che durante gli anni 60 ha governato in un periodo relativemente dorato per la Cambogia. Sto re tuttavia è famoso più per essersi dedicato alla produzione di film come regista e attore che come politico. Una sorta di Nerone in versione moderna insomma... Della città si può dire che è l'esatto opposto di Kampot: caotica e superturistica. Nota positiva è nell'ostello che, nonostante sia abbastanza party place, costa davvero poco ed è super organizzato con piscina compresa. In particolare ci sono 4-5 diversi ristoranti connessi con l'ostello che costano davvero pochissimo, con 2 euro si mangia alla grande e pure la birra alla spina costa solo 20 cent! Una sera tento anche il ristorante italiano Marco Polo su consiglio della Lonely Planet, il risultato è la pizza più buona mai mangiata qui in asia per fortuna!
Resto in città un paio di notti, il tempo di dare una chance a questo posto..ma non ce la può fare.. tanto per dire.. oltre alla presenza diffusa di russi (che insieme agli italiani formano un indicatore sulla qualità turistica di un posto..) una sera mi vedo pure un sessantenne limonare con due ragazze alla volta; wow, da rimanerci basiti :V Una mattinata la passo in giro in bici (che si buca) verso il mercato cittadino. Devo dire che questo è il mercato, tratutti quelli visitati, in cui gli odori raggiungono livelli più estremi, quasi da svenimento. Tra l'altro un pesce di mezzo metro decide pure di saltarmi addosso lol. Il resto del giorno lo trascorro invece camminando fino la lontana Otres beach, l'unica che si salva della città! Il posto è molto isolato e mi rilasso alla grande facendo un bagno sotto la pioggia.

Porceddu. Passa la voglia di fare i carnivori?
Avendone abbastanza di questa città proseguo per la destinazione naturale da questo posto: l'isola di Koh Rong, a 2-3 ore di barca dalla costa.

U je ad lavurè ma chè
Appena avvisto l'isola penso di essere di fronte ad una seconda Koh Tao, simile di dimensioni, ma in realtà scopro ben presto che a parte i 200m di spiaggia vicino all'approdo il resto dell'isola è totalmente selvaggia. Il "paesino", se così vogliamo chiamarlo è suddiviso tra la zona degli abitanti locali e quella delle guesthouse/bungalows. Non ci sono strade (ne scooter ne bici ne niente), si cammina sulla battigia per andare da un posto all'altro. Altri segni particolari: il wifi è molto debole, l'acqua calda assente su tutta l'isola e l'elettricità è presente solo durante alcune ore del giorno.

Main road
Mi sistemo in una camera condivisa, siamo io, Jeff (from Canada), Tyler (from Florida) e un piccolo sorcio che ci tiene compagnia. Vivendo sulla spiaggia è praticamente impossibile tenere pulita la stanza, siamo totalmente invasi dalla sabbia ovunque. Il tempo di buttare giù lo zaino e mi dirigo subito nell'entroterra tramite il principale sentiero dell'isola che porta sul lato ovest, a Long Beach. Il sentiero, fatto in ciabatte, si rivela abbastanza arduo.. in particolare nella parte finale in cui è presente una bella via ferrata (al ritorno mi becco il temporale e diventa una bella sfida tornare indietro a piedi nudi). L'isola da questo lato è qualcosa di incredibile, la spiaggia è di sicuro la più bella che abbia mai visto durante questo viaggio (e forse anche della mia vita). In pratica sono di fronte alla classica spiaggia da cartolina con sabbia bianca e acqua cristallina con fondale basso. Visto che le poche persone presenti stanno vicino all'imbocco del sentiero mi ritrovo kilometri e kilometri di spiaggia tutta per me, mi sembra quasi uno spreco non poterla condividere con nessuno. Vado di snorkeling sotto la pioggia ma il fondale non si rivela all'altezza della spiaggia. 


In questi giorni mi godo veramente la solitudine che quest'isola regala..è diverso tempo che sento il bisogno di passare un pò di tempo da solo e l'occasione a quanto pare è venuta da se. Le uniche persone con cui ho rapporti umani sono i miei coinquilini, smetto pure di uscire la sera. Mi mangio le mani solo per non avere un'amaca con me, avrei potuto dormire in spiaggia tranquillamente e risparmiare i 5 dollari della guesthouse. A cena di solito mi rifugio in una sorta di ristorante italico (scusate ma mi manca troppo la cucina..) dove fanno una pasta veramente buona considerato che è gestito da gente del posto! 
Il secondo giorno decido di percorrere tutta la costa dal paesino fino dove è possibile camminare. Pure questa spiaggia non è male: giudicate voi.


Scrutando l'isoletta all'orizzonte non riesco a trattenermi...decido che in un modo o nell'altro devo tentare la traversata anche se è abbastanza lontana. Tempo neanche 10 minuti dopo la partenza che sento chiamare da una barca ormeggiata nelle vicinanze. Un gruppo di pescatori locali mi invita a salire a bordo! Li per li sono un pò indeciso, da un lato c'è il classico muro della diffidenza, che si ripresenta ogni qualvolta si deve uscire dalla propria zona di comfort, dall'altro c'è la grande curiosità di vedere cosa succede. Ovviamente salgo, se dovessi vivere in base al comfort non sarei nemmeno in questo viaggio. Mi accorgo che qui sulla barca è lunch time, mi invitano subito a mangiare con loro del pesce ma inizialmente tento di declinare essendo vegetariano. Tuttavia mi rendo conto che rifiutare del cibo, in molte culture, è vista come una cosa molto grave da parte di un ospite. Metto da parte tutti i miei timori, per la prima volta in due anni (escluso un pranzo di lavoro) mi ritrovo ad applicare l'unica eccezione al vegetarianesimo che mi sembra logica: quella dell'ospitalità appunto (se ci fosse stata la possibilità di mangiare qualcosa di vegetariano avrei evitato tuttavia il pesce). Mi ritrovo dopo 5 minuti a mangiare gamberi e canocchie crudi (mai fatto in vita mia!) da immergere in una salsa a base di peperoncini. Iniziamo pure a trincare una birra dietro l'altra...il pomeriggio passa veloce, dopo il pesce crudo passiamo a quello bollito ed infine a delle seppioline in padella, il tutto cucinato senza condimenti in maniera molto verace. Più che un pasto questo è un rito. E' difficile raccontare l'insieme di sensazioni provate: l'energia vitale del pesce crudo, l'odore e il rumore del mare sotto i piedi, l'euforia della birra, la curiosità reciproca di persone provenienti da mondi completamente differenti. Questa è stata probabilmente l'esperienza più intensa del viaggio. Mi rendo conto di essere molto fortunato ad averla vissuta; la grande maggioranza dei backpacker difficilmente esce dai soliti schemi, dalle solite tappe e dal circondarsi di ristoranti e amici occidentali. 

AYE CAPTAIN, thank you for everything, i will never forget you and your crew!
Torno indietro con alcuni dei pescatori, in particolare a sinistra abbiamo "l'interprete" e al centro "il padre del captain" (60 anni minimo o_o)
Voglio approfondire il concetto introdotto: l'essere abitudinari è comprensibile e condiviso spesso anche da me; tuttavia mi rendo conto che i migliori momenti del viaggio sono quelli che nascono dagli imprevisti, e l'essere da solo aiuta non poco a sforzarti di uscire dalla tua zona di comfort. Quello che non mi stuferò mai di ripetere in patria è che molti viaggiatori, solitari e non, sono persone normalissime, spesso molto giovani, mediamente abitudinarie e persino schizzinose. Insomma.. non sono circondato da folle di Indiana Jones in erba. Questo per sottolineare che, al contrario di quello che si pensa in Italia, affrontare un viaggio del genere è una cosa NORMALISSIMA, priva di rischi (a meno che non si ce li vada a cercare), per le persone provenienti da qualsiasi altro paese occidentale escluso il nostro. Parlando di questa "questione italiana" con varie persone sono giunto a conclusione che i principali motivi alla base di questa differenza siano almeno due: la famiglia/le radici e l'idea legata al lavoro tradizionale. Punto primo: che la famiglia in Italia sia centrale lo sappiamo tutti, durante la nostra vita rimaniamo spesso molto legati al nostro territorio e ai nostri cari..ci è molto difficile ripartire da zero in un luogo diverso (l'ho provato di persona); parlate con un tedesco e vedrete che tendenza all'individualismo spinto che hanno loro. Questo nostro attaccamento di per se io la vedo come una cosa molto bella; io amo l'Italia, le mie radici e le mie tradizioni e preferisco di gran lunga il nostro modello a quello nordeuropeo/americano.. semplicemente ci rende meno propensi ai grossi spostamenti. Punto secondo: il lavoro, e qui ovviamente c'è da sparare a zero su tutto. Mentre tutto l'occidente ormai si è mosso verso un modello di lavoro flessibile, in cui cambiare carriera, prendersi dei momenti di crescita personale (come un lungo viaggio) dopo gli studi o il soldato, sono cose normali e anzi incoraggiate dalla famiglia stessa, che spesso ai giovincelli finanzia pure il viaggio stesso (!), in Italia tale modello flessibile ha fallito..ed è degenerato in precariato con tutte le conseguenze che una società in crisi come la nostra comporta: sfruttamenti, licenziamenti, orari e ferie del cazzo, pensione assente. Un lungo viaggio è visto dalle vecchie generazioni ancora come una perdita di tempo, un buco sul curriculum, una cosa da svitati, e questo è molto triste considerato che per tanti resta comunque un sogno. Queste condizioni rendono questo tipo di esperienza una cosa ai limiti dell'irrealizzabile, di cui quasi tocca aver coraggio manco ti stessi sposando, quando per tutti gli altri occidentali è una cosa normalissima non avendo paletti di questo tipo..e si stupiscono non poco della quasi totale assenza di italiani. Scusate lo sfogo.............ma veramente, più parlo con persone da altri stati e più mi viene il nervoso a sentire come funziona da loro! E se pensate che io sia uno snob del cazzo potete anche andare a fare in culo senza troppi complimenti. Un conto è doversi adattare per forza di cose, un altro è supportare la mentalità italiana malata del lavoro.
Ma torniamo a noi!!! La prossima avventura sulla checklist è raggiungere una fantomatica cascata dall'altre parte dell'isola. Mi metto in marcia scalzo (ciabatte rubate) ma, questo giro, dopo avere visto un cartello che mostra come sull'isola ci siano 6 razze di serpenti mortali e che in caso di morso si hanno solo poche ore per tornare sulla terraferma, mi cago un pò addosso quando sento un rumore strano da un cespuglio. Decido che il gioco non vale la candela e torno indietro. Da questo momento in poi inizio ad averne abbastanza dell'ambiente isolano; il posto è si un paradiso ma non mi ci vedo molto in questo momento su un'isola semideserta in quanto manca tutta la ricchezza culturale che il continente ti offre. Tuttavia il mio consiglio è: se cercate un'isola deserta per le ferie e siete di poche pretese questo è il posto giusto. L'isolamento cambogiano causato da dittature e guerre ha preservato l'ambiente allo stato brado. Non si può nemmeno fare un paragone con le isole che ho visto in Thailandia, ormai giunte ad un livello di turismo quasi eccessivo.
Pianifico per il giorno dopo il ritorno sulla terraferma. Tra l'altro inizio pure a sentirmi debole e febbricitante.. Il mattino mi sveglio con il mare totalmente in tempesta ma non ci do troppo peso.

Poco vento insomma...
La traversata è invece un pugno in faccia: 3 ore in un barchino tra cavalloni parecchio alti. La gente inizia a vomitare e già dopo 10 minuti sono tutti totalmente fradici con i giubbotti di salvataggio addosso lol. Devo dire che non ho mai visto onde così. Purtroppo non ho foto in quanto tra acqua da ogni parte, nausea e febbre il mio unico pensiero era "ma chi cazzo me l'ha fatto fare?".
Sbarcato a Sihanoukville stranamente mi riprendo (ho cantato vittoria troppo presto). Ne approfitto per fare una checklist delle cose da sistemare:

- Occhiali da sole rotti
- Ciabatte rubate
- Scarpe con la suola che si inizia a staccare
- Ipod morto totalmente
- Pantaloni corti bucati ma ricuciti a mano (tnx Cyn :D)
- Costume bucato 

Con un tuk tuk giro un pò e rimedio addirittura un lettore mp3 samsung vecio ma mica male per 20 dollarozzi. Bella li!! Chiudo la giornata prendendo uno sleeping bus direzione Seam Reap, dove mi aspettano le rovine di Angkor. Sti bus sono progettati per viaggiare più o meno stesi ma forse come altezza media hanno considerato un bambino. MAH! Mi faccio 11 ore ranicchiato alla meno peggio.
A presto.

sabato 30 novembre 2013

20/11/13 - 26/11/13 - Phnom Penh e Kampot


Lascio Don Det la mattina presto in direzione Phnom Penh, capitale della Cambogia. Saluto tutti i ragazzi in quanto essi sono diretti in Thailandia. 
Avendo notato i prezzi alti dei biglietti dei bus (tipo quasi 30 dollari per la capitale) cerco il più possibile di andare al risparmio; il trick che vorrei fare è il seguente: comprare un ticket solo fino al confine (4 euro), pagare i 30 dollari necessari per entrare al checkpoint in Cambogia e una volta superato cercare un mezzo di trasporto locale da li. In realtà i locals sanno il loro fatto meglio di me, infatti a carte ormai scoperte capisco che il viaggio conclude DOPO il confine e non prima. Questo significa che è il tour operator che si prende in gestione il mio passaporto e i miei soldi (inutile dire che il tasso di cambio kip-dollaro che mi operano è una merda..). Fortunatamente conosco anche io qualche trick da italiano (lunga da spiegare.. :P) e per ripicca riesco a non pagare i 4 euro del biglietto fino al confine. Tuttavia non è finita qui..al confine scopro che non c'è assolutamente nulla nei dintorni, nessun paese, nessun bus locale, nessun ATM (bancomat). Mi ritrovo senza soldi (volevo tirar giù direttamente i dollari senza passare per un'agenzia di cambio) e senza biglietto nel nulla :V. Tuttavia il gruppone di altri ragazzi è ancora li sul loro super bus VIP..mi informo e scopro che c'è ancora posto. Inoltre mi ricordo di avere 10 euro di scorta nello zaino che mi salvano il culo. Mi accordo per pagare 10 euro subito e il restante (10 dollari) una volta giunti a destinazione. Lo so, tra dollari, euro e kip è un bel casino...inoltre, non contenti, in Cambogia usano il "Rial" in parallelo col dollaro..quindi significa che i pagamenti vengono fatti in maniera mista, rendendo ogni volta un macello il calcolo. Voglio aggiungere che anche se non ci fosse stato il bus una soluzione in questi posti la si trova sempre; appena vedono un occidentale si inventano di tutto pur di fare due soldi in più :)

No man's land, bye bye Laos
Finalmente si parte! Dopo appena qualche km la strada diventa uno sterrato pieno di buche. Inizialmente penso che nn può essere la strada principale questa ma poi mi ricredo..e si continua così fino quasi la capitale, parecchie ore dopo. Il fatto è che nell'intero stato le strade asfaltate sono pochissime e quasi solo nei centri cittadini. Sul bus conosco Reyhan, una ragazza tedesca che lavora nel mio stesso settore e con cui faccio una lunga chiaccherata sulle prospettive lavorative post-viaggio. Escluso il magone iniziale da lavoro parlandone mi rendo presto conto che sto cominciando a vedere le cose, non solo quelle legate al lavoro, con una prospettiva diversa, molto più "carpe diem / memento mori" rispetto prima. Potrei raccontare un sacco di situazioni che prima potevano preoccuparmi e che ora mi fanno sorridere. Un viaggio così ti porta ad affrontare parecchi limiti, blocchi mentali, paure che pensi di avere...per poi accorgerti che sono fatti di burro, si sciolgono al sole dell'Indocina. 
Arrivo a Pnhom Penh la sera, facendo la doccia nella vasca sfondo quest'ultima con un piede. Ma è di carta??? La mattina decido di telarmela presto prima che se ne rendano conto e magari me la facciano pagare. Passo la giornata successiva a camminare per tutto il centro storico. In particolare mangio in un ristorante italiano (buone le linguine al pesto ma più aglio e pinoli perdio! :) ) in cui ho l'opportunità di scambiare qualche parola con due signori espatriati, uno genovese e uno sardo, riguardo l'Italia e la vita qui. Vengo a sapere dell'alluvione in sardegna...la prima notizia sull'Italia dopo due mesi.


Durante il giorno Pnhom Penh non mi sembra molto diversa da Vientiane (la capitale del  Laos) se non per un maggiore livello di caos derivante principalmente dagli onnipresenti e scassacazzo tuk tuk. Nonostante ciò un certo livello di inquitudine diffuda lo si respira..ho visto un paio persone mutilate dalle mine ad esempio. Ma è di sera la città rivela completamente la sua faccia nascosta. In alcune strade ci sono diversi mucchi di mondezza e purtroppo, per quel poco che ho visto, non poche persone a rovistare tra essi. Inoltre nei dintorni dei locali della zona turistica si possono notare diverse guardie private, il che significa che le
voci sui livelli di criminalità di questo posto sono tutt'altre che infondate. La cosa più triste è stato il ritrovarmi di fronte una bambina di quattro anni a chiedermi l'elemosina. Dopo una giornata passata a rifiutare proposte di tuk tuk di ogni tipo, almeno 100-200 durante tutto il giorno...uno stress incredibile, l'istinto mi porta a declinare l'elemosina. Ma neanche il tempo di girare l'angolo e avere il tempo di riflettere che mi viene un magone incredibile. Sono tornato in ostello con gli occhi di quella bambina in testa tutta la sera. Quello che ho notato finora mi fa almeno in parte comprendere cosa questo popolo deve aver passato fino neanche 15 anni fa. Il genocidio di una nazione, operato dal governo dei Khmer Rossi di Pol Pot verso il suo stesso popolo per più di 20 anni, i bombardamenti a tappeto USA e l'invasione vietnamita... Di solito scrivo il blog parecchi giorni dopo aver vissuto i fatti ma questo paragrafo l'ho scritto la sera stessa per ricordarmi in futuro le sensazioni negative provate. Decido di lasciare la città il giorno seguente ma mi segno che, in caso di un secondo transito, una visita ai campi di sterminio è d'obbligo.
Il 22 nov raggiungo il paesino di Kampot, una ridente cittadina vicino la costa che porta ancora molti segni dell'influenza francese. Appena giunto mi rendo conto che l'atmosfera è molto più rilassata che nella capitale; è una Chiang Mai in miniatura. Ci sono tantissimi 50-60enni occidentali atti a cazzeggiare tra bar e ristoranti e parlare la sera nei pub di onde elettromagnetiche e antenne (!!!). Indubbiamente questo posto ha un certo fascino, si respira aria da siesta perenne..e alle 21 tutti a letto :) Mi stabilisco al Naga House, nel dormitorio in bamboo per 2 euro e mezzo a notte.

Carcere francese,  ridente cittadina :)
Espresso bar, so goood!
Il 23, giorno del mio compleanno, sono carico abbestia. Inforco uno scooter senza targa e giro tutta la mattina alla ricerca di una fantomatica caverna che non trovo..anche avendo una mappa delle strade principali è praticamente impossibile orientarsi..la segnaletica è completamente assente e i locali non parlano inglese.. anche quando parlano qualche parola ti dicono "vai a destra" e fanno cenno con la mano di andare a sinistra.. mi è successo diverse volte! Cambio meta e mi dirigo nel parco nazionale di Kep. Stavolta lo trovo, mi sparo 3-4 ore di onesto trekking in scioltezza. Troppo in scioltezza...senza badarci troppo la mia mano scambia un lucertolone (un'iguana forse?) per un tronco. Mi cago un pò addosso.. fortunatamente il bestiolo non ha reagito. Il problema è che la giungla sembra totalmente identica ai boschi italiani per cui è facile abbassare il livello di attenzione.

Lovely
Nemmeno il tempo di finire il percorso che viene giù un nubrifagio che dio comanda. Aspetto che passi il peggio e inzuppato fradicio vado a vedermi il paese di Kep, nulla di che, molto turistico. Tuttavia, visto che sono tornato sulla costa dopo un mese di entroterra, ne approfitto per farmi un bagno al tramonto. Percorro in condizioni pietose i 25 km della statale Kep-Kampot, una fottuta trappola mortale al buio senza fari.

Survived, fuck!!!

Tipica strada di campagna. E io che mi lamentavo delle condizioni delle strade Thailandesi..
Sopravvivo e torno in ostello in cui ritrovo anche Reyhan, giunta da Rabbit Island. Essendo sabato riusciamo anche a festeggiare il mio compleanno in un clima quasi da club (thanks Rey!) :)
Le giornate successive sono un alternarsi di cazzeggio puro, passati tra amache e bar, ed esplorazione in scooter. Per quanto riguarda il cazzeggio c'è da segnalare l'incredibile bar "Espresso", cibo assurdo e migliore caffè dell'Asia. Nell'ultimo mese ho pure messo su alcuni chili a forza di strafogarmi.

Best muesli of my life... Espresso rocks!
Per quanto riguarda l'esplorazione riusciamo invece ad arrivare in diversi posti: la fottutissima caverna, le saline, i campi di pepe (uno dei migliori al mondo). Come ogni viaggio che si rispetti il bello non è tanto l'arrivo ma quanto il viaggio stesso..ecco quindi alcuni scatti dei meravigliosi bambini incontrati lungo le strade di campagna.





Kampot, per quanto a prima vista dia l'idea che non ci sia un cazzo da fare, è sicuramente stata una delle mie tappe preferite. Mi rendo conto che sta diventando davvero difficile spiegare in un blog quello che sto vivendo, sempre più intenso e in simbiosi con il posto in cui sono. Spero che almeno con le immagini riesca a trasmettere quello che non riesco con le parole, che si fermano ad una mera descrizione dei fatti (scusate ma non sono un romanziere :v).  Inoltre devo dire che la scelta delle tappe è azzeccata: il sud della thai prima del nord è un'ottima idea.. e così come il Laos e la Cambogia dopo la Thailandia. L'impatto con la cultura e la povertà è graduale e ci si riesce a godere ogni posto. Andare nelle isole della Thailandia dopo aver visto il resto è parecchio deludente.
In questo ultimo periodo comincio a sentire seriamente la mancanza degli affetti, della mia vita "precedente" e DEL CIBO italico che cerco di sostituire rimpinzandomi in ogni modo. Strano a dirsi.. mi mancano anche alcuni aspetti della Norvegia e di quel sentimento di nostalgia invernale perenne. Riflettere, riflettere! :)

With Reyhan!

Good finale

domenica 24 novembre 2013

11/11/13 - 19/11/13 - Laos del sud

Dopo 3 notti a Vang Vieng ne abbiamo abbastanza, l'atmosfera qui per quanto rilassante non è delle migliori; infatti i nativi ci vedono un po troppo come macchine da soldi considerato che dovrebbe essere un posto "easy".
Decidiamo di dirigerci a sud, nella capitale Vientiane. In città non c'è poi molto da vedere escluso un arco in stile semi-francese. Per essere una capitale il posto è davvero modesto; persino i palazzi "del potere" sono piccoli e sonnolenti..sembra che la vita dei laotiani sia abbastanza tranquilla e poco influenzata, fortunatamente, dal partito. Restiamo in città ben tre notti in quanto necessitiamo tutti del visto thailandese. Infatti richiedendolo all'ambasciata Thai si ottiene un permesso valido 30 giorni (25 euri) mentre se lo si chiede diretto al confine se ne ottiene uno di 15 giorni (ma è gratis in questo caso). Nell'ambasciata incontro un sacco di gente nota! Un ragazzo italiano conosciuto a Vang Vieng, 2 ragazzi del gruppo dei finlandesi conosciuti a Koh Tao e persino un ragazzo che ha viaggiato con la Linda l'anno scorso (se passo a Koh Tao ti contatto Gian!). Craazy.. Sembra incredibile, si percorrono migliaia di chilometri in tutto il subcontinente ed alla fine è quasi più facile incontrarsi in questo modo che nella propria città in Italia con i propri amici... Ormai in testa ho una sorta di radar mentale che mi dice dove sono tutti gli amici conosciuti e so che è che è semplice ribeccarsi..in fondo siamo tutti sul "banana trail". Una mattinata ci ritroviamo infatti per colazione anche con Jesse e consorte, venuto anch'egli per il visto da Chiang Mai, posto in cui vive e dove mi riprometto di andarlo a trovare presto.

L'arco
Per quanto riguarda il cibo alterno colazioni stile francese, baguette a gogo + lao coffee, e ristoranti indiani, l'opzione migliore per cibo vegetariano a basso costo. Purtroppo col cibo  di strada casco male..non esiste praticamente il concetto di vegatarianesimo qua. Anche chiedendo una zuppa di noodles con verdure ci si trovano galleggiare pezzi minuscoli di fegato e altre parti strane..

Beerlao Dark. Best beer in the world lol!
Tipica bancarella di cibo. Ah, gli spiedini di uova contengono credo embrioni di anatra..
In generale passiamo le giornate tra l'ambasciata e giri in bicicletta. Siamo anche fortunati a beccare la festività buddhista più importante del paese, il That Luang Festival, che si tiene intorno un importante tempio. Ci andiamo senza indugi; scopriamo che il grosso della festa in realtà non è a sfondo religioso ma è invece un insieme di stand che sponsorizzano a tutto volume bevande energetiche, auto e via dicendo con un intorno di bancarelle di cibo tutte uguali. Sembra una San Gregorio estremizzata. Ci infiliamo nel "BeerLao Garden" dove suona un gruppo locale e dove ci rendiamo conto di essere gli unici occidentali in mezzo a migliaia di giovanissimi laotiani intenti a bere giraffe di birra. La situazione è abbastanza imbarazzante in quanto abbiamo tutti gli occhi puntati su di noi ma tuttavia la serata si rivela una figata, una delle più assurde passate qua!! Ogni tavolo mi chiama per brindare o per offrirmi varie birre..mi sembra di essere Tom Cruise sul red carpet (!!!). Finisco per bere non so quante birre tutta la notte. Riflettendo su quanto vissuto suppongo che per questi ragazzi, probabilmente rampolli della piccola borghesia della città, l'essere a contatto con un occidentale (in un contesto che definire brillo è dire poco) rappresenti la voglia di apertura verso l'occidente, in particolare verso l'america e la camionata di prodotti "fighi" che il capitalismo comporta.

Crazyness level 10000
Seguendo i consigli della Lonely Planet continuiamo il viaggio in direzione sud, verso la Konglor Cave. Il posto è veramente disperso in campagna, lontano dalla main road nord-sud. La caverna è particolare nel senso che è un lungo ed enorme tunnel naturale in cui scorre un fiume abbastanza impetuoso. La visita è composta quindi in gran parte da un lungo giro in barca che ricorda appunto una corsa in autostrada. All'uscita mi addormento su un tronco vicino al fiume e mi ritrovo un serpente ad un paio di metri da me, precisamente sulla mano di Mylene lol (uscita indenne).

Konglorrr
La parte interessante per me non è stata tuttavia la visita alla caverna quanto l'aver soggiornato in un villaggio di campagna totalmente isolato, a stretto contatto con la famiglia che ci ha ospitato.

La piccoletta di casa :)
Life is simple part 1000
Terminata la visita continuiamo a sud, ma ci rendiamo conto che lasciare il villaggio è molto più complicato che arrivarci. L'unico mezzo per tornare sulla lontanissima strada principale sono i tuk tuk...non riusciamo nemmeno a contrattare sul prezzo in quanto sanno che siamo fregati e non abbiamo altra scelta (e come se la ridono!). Ci spariamo qualcosa come 6-7 ore di tuk tuk fino a Tha Khek e da li, dopo una cena lungo il Mekong, diretti fino Pakse col bus notturno. Dormire su sti bus è dannatamente difficile, anche avendo due posti non riesco a ranicchiarmi a dovere..tuttavia ormai ho sviluppato una tecnica lol. Purtroppo vengo svegliato con una panacca e un urlo da un tuk tuk driver (ma sei fuori di testa??)..ci ritroviamo nel mezzo di nulla ancora una volta.. Il gioco è questo: tu prendi il bus locale per una certa città e questo ti scarica in realtà a 5-6 km da essa costringendoti spesso a prendere un fottuto tuk tuk per il centro. Bello scam. Funziona un pò tutto così in Laos..e dopo un pò diventa molto stancante contrattare all'infinito e pretendere un trattamento migliore.
Da Pakse l'obiettivo è quello di raggiungere l'ultima faticosa tappa del viaggio in Laos, le 4000 isole. Queste fanno parte di un arcipelago interno al fiume Mekong che in questo punto si allarga enormemente tanto che è impossibile vedere l'altra sponda (questo perchè in realtà la vista è ostruita appunto da isole su isole). Prendiamo il ticket per un minivan 9 posti quando ci rendiamo conto, ormai tardi, che il van è pieno..ci rifilano due sgabelli appoggiati alla meno peggio. Ci rifiutiamo di viaggiare in ste condizioni a pari prezzo e inizio veramente a sbroccare. Riusciamo fortunatamente a prendere un bus locale (un grosso tuk tuk in realtà) in compagnia di sola gente del posto. Altro viaggio devastante arricchito però da alcune scene rustiche ma piacevoli. A partire dalla Konglor Cave ci siamo fatti quasi 24 ore di viaggio credo.

Vendita di cibo sul bus locale
Prendiamo un paio di bungalow sull'isola principale, Don Det, a 3 euri a testa. Finalmente ci rilassiamo per ben 4 notti qua :) I nostri vicini di bungalow sono due ragazzi conosciuti a Pai ed arrivati fino qui in autostop..incredibbile..ma ormai non mi stupisco più di ste coincidenze. L'isola è un vero paradiso, un'enorme distesa di riso arricchita da abitazioni semplici e tanti ma proprio tanti animali che razzolano ovunque. Il "centro" altro non è che un tratto di via lungo 100m con diversi ristoranti e l'immancabile reggae bar in cui ci passo inevitabilmente ogni serata. La popolazione locale è fantastica, si riesce a percepire ed apprezzare la loro serenità ed il loro stile di vita semplice ed autosufficiente. Stando in posti come questi è inevitabile porsi molte domande relative al cosa sia la felicità ed alle cose veramente necessarie per ottenerla.

Finalmente riposo
Tramonto dal bungalow
Scene che in Italia esistono solo nella memoria dei nostri nonni
Qua ci si diverte con poco, ad esempio infastidendo un farang!
Passiamo un paio di giornate al riposo totale, una a girare in bicicletta ed un'altra a fare una lunga sessione di kayaking sul Mekong (prima escursione organizzata del viaggio!) durante la quale veniamo assaliti da parecchie sanguisughe. Sti piccoli vermetti si appiccicano di brutto e se li stacchi dai piedi ti rimangono attaccati alla mano -.- . Imparo dalla guida anche il significato del termine "Farangs" che avevo già incontrato in precedenza. E' l'appellativo che i locali usano verso gli uomini bianchi, parola usata in origine solo verso i coloni francesi (infatti credo voglia dire proprio "francesi") e poi estesa a tutti. La guida giura che non è un termine dispregiativo ma a me suona tanto il duale del nostro "musi gialli". Crrrazy farangs!!!

Kayak dream team lol
L'ultimo giorno, mentre ci polleggiamo su una spiaggia, un signore inglese muore 500 metri più a monte, trascinato dalla corrente in una cascata minore. Veniamo a saperlo appena tornati al campo base. Questo fatto, come un pugno, ricorda che per quanto qui tutto sembri possibile e easy ci possono essere delle conseguenze da pagare se non si pone la giusta attenzione. La prudenza va mantenuta sempre anche se a volte è veramente facile dimenticarsene in preda all'adrenalina di mille avventure.
Concludo il capitolo sul Laos dicendo che è un posto che apre veramente gli occhi...che merita 10000 volte la fatica per raggiungerlo e girarlo. Se venite in queste zone ed avete il tempo, non fermatevi solamente alle isole della Thailandia, c'è un tesoro enorme dietro da scoprire da queste parti!